Dalla LIM alla LIM 2.0
(pubblicato sulla rivista Bricks (AICA) nel Febbraio 2012 http://bricks.maieutiche.economia.unitn.it/?p=2231)
Negli ultimi anni il termine 2.0
è stato utilizzato, e non sempre a proposito, per connotare un’evoluzione della rete. Con WEB
2.0, o Social WEB, infatti, si tende a indicare l'insieme
di tutte quelle applicazioni che consentono la condivisione, lo scambio di
risorse e d'informazioni, in ambienti on line specifici[2].
Questo insieme di approcci all'utilizzo della rete, modifica l'azione
dell'utente che, da fruitore passivo di contenuti del WEB 1.0, diviene attivo, poiché, grazie alla comunicazione del
tipo molti-a-molti, ha la possibilità di una facile e rapida
interazione e collaborazione con gli altri utenti.
Questo cambiamento influenza essenzialmente il modo di
lavorare e di gestire le informazioni, trasforma,
infatti, il WEB in uno spazio in cui gli utenti, nella veste sia di
lettore sia di autore, sono in grado di concorrere attivamente, con i loro apporti,
al processo di costruzione e d'incremento della conoscenza, promuovendo, inoltre, l'arricchimento del
sapere condiviso.
La crescita dei contenuti digitali offerti da
Internet e il moltiplicarsi delle reti sociali ampliano e stimolano le capacità
dei cittadini-utenti che devono necessariamente possedere o acquisire le
competenze tecniche e intellettuali per muoversi nel “mare magnum” del WEB.
Inoltre, viene loro offerta la possibilità di essere continuamente aggiornati e
di esprimere, in questi spazi condivisi, le proprie idee e gestirne il
confronto. La grande diffusione del “social networking”, ha sicuramente
ulteriormente stimolato e favorito la volontà e la necessità, presente nel DNA
degli esseri umani, di cercare e stabilire contatti con i propri simili e di condividerne
relazioni e conoscenze. Queste vengono finalizzate anche all’apprendimento, con
gratificanti prestazioni e a costi estremamente contenuti, secondo nuove regole
e modalità dettate dalle più recenti tecnologie di rete. In questa nuova fase:
gli sviluppi e i progressi tecnologici si stanno orientando in modo da
aggregare le risorse in qualcosa di più significativo di una raccolta
occasionale di innovazioni (es. WEB semantico, realtà aumentata, cloud
computing, …) vale a dire un cambiamento di paradigmi piuttosto che solo una
evoluzione.
Secondo A. Baricco[3],
i "nuovi barbari" (i nativi digitali e gli immigrati), stanno
progressivamente sostituendo il modello dell’“uomo verticale”, che pratica la ricerca della conoscenza in “profondità”, definizione un po’
ottocentesca e romantica, con il modello dell’”uomo orizzontale” nel senso che “tutto è in superficie”. Il contenuto della cultura è sviluppato in
modo reticolare e la ricerca della conoscenza avviene liberamente tramite il “surfing”, navigazione appunto di
superficie. Attività che trovano molto più “naturale” e “dilettevole",
essendo loro più congeniale . Questo non significa che sia meno faticosa, ma il
cercare “l’intensità del mondo” diventa un piacere e questo non può essere tranquillamente giudicato minaccioso né sminuire il concetto
stesso di conoscenza e di cultura.
La rivoluzione comunicativa e la LIM
Le differenti e numerose applicazioni presenti sul WEB 2.0 permettono ormai di comunicare e condividere i dati e le informazioni in modo più diffuso e, conseguentemente, più facilmente accessibili a tutti. Ogni utente può diventare autore e protagonista, pubblicando sulla rete i propri contenuti da condividere con il resto del mondo: “creazione (inter)sociale di cultura”. Questa maggiore disponibilità d'informazioni e di spazi consente nuove opportunità di conoscenza sia per il proprio apprendimento sia per il confronto con gli altri. Siamo di fronte a una rivoluzione comunicativa che non deve essere demonizzata ma interpretata e gestita. La sfida è lanciata soprattutto al mondo della formazione, degli insegnanti e degli operatori scolastici, che hanno la necessità di:
· essere introdotti a questi nuovi percorsi di comunicazione e condivisione per veicolare nuovi
contenuti e le conoscenze legate alla nostra cultura
· poter utilizzare con successo gli strumenti dell'era digitale e mantenere il contatto con le nuove
generazioni senza creare situazioni di gap comunicativo e cognitivo.
La Lavagna Interattiva Multimediale (LIM), oltre ad essere
una superficie di visualizzazione e di presentazione, si trasforma in un innovativo
spazio operativo di condivisione, accompagnamento e riflessione. Diviene uno
strumento di “scaffolding cooperativo”
e una “portafinestra sul mondo”,
permettendo così di costruire “tra pari”
il proprio apprendimento, attraverso un percorso pensato, progettato e
realizzato con gli strumenti forniti in rete dal WEB 2.0, in modo da
riconoscere allo strumento LIM una più ampia connotazione e un ruolo nuovo e
innovativo di “LIM 2.0” . Da “semplice” – anche se
tutt’altro che irrilevante - strumento di classe, la LIM 2.0, se organizzata e
gestita in un contesto metodologico ben definito e con le opportune strategie
pedagogiche, può diventare rete di comunicazione, di apprendimento, di
costruzione e di circolazione delle idee.
Questi risultati sono ottenibili attraverso un'opportuna distribuzione
di lavagne digitali nelle classi e della loro valorizzazione mediante una
formazione specifica degli insegnanti. Non è sufficiente, infatti, avere dei
computer e delle LIM nelle nostre aule per innovare la didattica, dato che
questi strumenti restano spesso inutilizzati o sottoutilizzati per mancanza di
manutenzione, di collegamento a Internet o di conoscenza, da parte degli
insegnanti, delle metodologie didattiche più opportune per il loro utilizzo.
Formazione e LIM
L'iniziativa di Formazione all'utilizzo della LIM nella
didattica, promossa dall'ANSAS (Agenzia Nazionale per lo Sviluppo
dell'Autonomia Scolastica), ha condotto a risultati ragguardevoli, dato che si
parla di circa 30.000 lavagne digitali installate nelle scuole e di circa
100.000 insegnanti in formazione. La ricaduta nella scuola ha portato alla
consapevolezza che l'utilizzo della lavagna digitale in classe è una
possibilità per innovare la didattica e, al di là delle sigle, condurla da una
logica di preparare i giovani a diventare la nuova classe dirigente
del paese a quella di farli diventare cittadini
attivi e responsabili del mondo in cui viviamo. Nell'ambito di questa
formazione, sono state fornite valide opportunità - indicazioni, esercitazioni,
materiali e meta-modelli - sull'utilizzo
della LIM da un punto di vista didattico e alcuni lavori, prodotti dagli
insegnanti che hanno seguito i corsi, possono considerarsi veramente
significativi, come mostra un’ampia casistica applicativa documentata in rete e
riferita a tutte le aree disciplinari[4].
La modalità con cui, però, sono stati scelti i
docenti partecipanti, cioè su indicazione del Collegio dei Docenti, e l'azione
di formazione, che si rivolgeva a realtà scolastiche con competenze digitali
non omogenee e con necessità e aspettative differenti, non sempre hanno dato
quei risultati che l'impegno dei tutor e dell'Amministrazione scolastica
meritavano. Non indifferente, inoltre, è stato il numero degli insegnanti che,
per impegni scolastici, hanno rinunciato ai corsi o non hanno concluso la
formazione. L'impostazione, inoltre, del
percorso di formazione, a causa del grande numero di docenti coinvolti, è stata
suddivisa, in maniera necessariamente schematica e non sempre compresa dalle
scuole e dagli utenti, in due fasi: Fase
metodologica, con azione dei formatori nella veste di tutor e Fase di realizzazione e produzione di UdA
(unità di apprendimento) da parte dei corsisti, con i formatori nella veste di
coach.
I formatori si sono trovati, di conseguenza, dato lo scarso
grado d'informatizzazione di molti corsisti, a rispondere alle richieste più
disparate e non sempre a fornire, oltre agli strumenti tecnologici, quelli
metodologici per rendere effettiva l'innovazione didattica con l'introduzione
dello strumento LIM.
Diverso è lo sfondo su cui si sta muovendo il
Corso Cert-LIM Interactive Teacher[5], organizzato presso
l'OPPI di Milano[6]. Non è rivolto, infatti, a
grandi numeri di docenti, ma a quelli che, sentendone la necessità, si
propongono di seguire questo corso di formazione.
Il percorso è strutturato e fa riferimento a un
Syllabus, appositamente progettato e
realizzato, con lo
scopo di definire puntualmente gli obiettivi di conoscenza, abilità e
competenza, da raggiungere attraverso la fase Strumentale (Modulo I) e poi
da sviluppare nella
fase Metodologico-didattica (Modulo II). A differenza del Corso ministeriale,
un intervento istituzionale riferito a grandi numeri di docenti e sostenuto da
finanziamenti pubblici, che fornisce un attestato di frequenza, il Corso Cert-LIM Interactive Teacher prevede, al
superamento degli esami finali, il rilascio di una Certificazione di
competenza.
Questo percorso di formazione sulla LIM è stato
progettato dall'OPPI per essere offerto a gruppi di insegnanti del territorio e
tiene conto della ricerca metodologico-didattica, operata in un contesto
associativo professionale dai soci e dai suoi collaboratori, e delle esperienze
didattiche sui nuovi linguaggi e gli strumenti proposti dal Social network. Un
corso che, in definitiva, non si pone in alternativa a quello proposto
dall'ANSAS, ma, avendo impostazione, finalità e scopi differenti, tende ad
affiancarlo ed esserne un complemento con l'intenzione di contribuire alla
formazione degli insegnanti, dei formatori e degli operatori di settore
all'utilizzo didattico della LIM.
Il WEB 2.0 e il Connettivismo
Il passaggio “dalla
LIM alla LIM 2.0”
offre la possibilità di creare percorsi didattici integrativi e, qualche volta,
alternativi al libro di testo, volti a sviluppare e perseguire, congiuntamente
alla metodologia del “cooperative
learning” e della “formazione a
distanza”, obiettivi disciplinari e sociali. L’utilizzo della LIM, visto
come uno strumento privilegiato per l'apprendimento cooperativo, si trasforma
in un ambiente per la “co-costruzione
collettiva del sapere”, in percorsi di connessione e di apprendimento, che
si ricollegano alle teorie pedagogiche del Costruttivismo sociale. L'evoluzione
della rete e la grande quantità di risorse offerte dai media richiedono, però, nuovi
strumenti e paradigmi per la gestione e l'organizzazione delle conoscenze
acquisite. Le agenzie di formazione degli individui: scuola, media e società
portano a declinare le modalità di apprendimento in formale, quello tipico della scuola, e in informale e non formale
dei contesti quotidiani e dei media. L'apprendimento non può essere ormai
limitato al solo periodo di frequenza scolastica, ma deve essere continuo
durante tutta la vita (lifelong learning).
Si parla così di Open Education[7],
della necessità di gestire le proprie conoscenze PKM (Personal Knowledge Management)[8]
e, tra le teorie proposte, di Connettivismo.[9]
Il Connettivismo, di G. Siemens e di S. Dowens, sostiene
di essere il superamento di ogni teoria precedente: Comportamentismo,
Cognitivismo, Costruttivismo e trova il suo modo di essere nel
dare senso al
caos determinato dall'abbondanza delle informazioni presenti in rete, dal loro
rapido cambiamento e dalla necessità fondamentale di trovare un modo per vagliarle
e selezionarle. Mentre il Costruttivismo fonda le origini del suo sviluppo nel
clima di una riforma sociale e dell'era post-moderna, il ruolo del Connettivismo, inteso come nuova teoria dell’apprendimento, sarebbe di creare connessioni
neurali, collegamenti tra le idee, interazioni e connessioni con altre persone
ed è basato, in questa accezione, sul paradigma delle reti del Social WEB.
Secondo questa teoria, si darebbe: coerenza,
senso, significato, comprensione e un'importanza fondamentale e critica al
rapido flusso e alla grande quantità delle informazioni presenti in rete. Si
avrebbe così la possibilità di sviluppare le proprie capacità per dare ordine alla moltitudine e alla
ridondanza delle informazioni, alle difformità presenti all’interno della
centralità delle reti dovuto al clima informativo in continuo e incessante
cambiamento, rendendo la capacità di
analisi dei dati sempre più importante per comprendere la complessità e le
interconnessioni.
Pertanto, ai fini dell’apprendimento, l’aspetto più
interessante e peculiare del Connettivismo sarebbe l'utilizzo della rete
attraverso i suoi “nodi” (fonti) e le
sue “connessioni”, costruite
attraverso processi di associazione. In questa logica, un “nodo” diventa ogni fatto (informazioni, dati, documenti, immagini,
emozioni, testimonianze, pensieri, azioni, …) che possa essere connesso a un
altro “nodo”. Se si mette a disposizione degli altri ciò che si sa e
se gli altri membri della rete fanno altrettanto, il nostro patrimonio di
conoscenze ha la possibilità di ampliarsi in modo smisurato. L'apprendimento
diventerebbe così un processo potenziato dove il provare a mettere in relazione le competenze
delle diverse discipline, riuscire a trovare nuove soluzioni ai problemi e
stimolare lo sviluppo del pensiero
laterale, permetterebbe di aprire un modo di pensare a nuove vie, che
a loro volta produrrebbero delle connessioni e svilupperebbero una rete. In
questo “quadro” però non tutte le connessioni nella rete, avrebbero uguale
forza e, nella realtà, molte potrebbero essere o diventare abbastanza labili.
Il concetto di base diventerebbe,
pertanto, la possibilità dell'adozione, a fianco del Costruttivismo, del “Connettivismo”, ancora un po’ discusso e in fase di studio[10],
come un nuovo possibile approccio didattico
o pedagogico, che vorrebbe prenderebbe in considerazione l'uso cognitivo degli
strumenti tecnologici del WEB 2.0 per consolidare negli studenti, che già
utilizzano estensivamente il WEB 2.0, la motivazione allo studio e
all'apprendimento[11].
In questo ambito la LIM assume la connotazione di
uno spazio di lavoro ideale per proporre contenuti aperti alla mediazione e
all’integrazione del docente e degli allievi. Uno spazio flessibile, gestito
sotto la guida e la regia del docente, ma con un forte coinvolgimento da parte
dei discenti, attraverso la creazione di percorsi di apprendimento e la
navigazione di siti specifici d’interesse e l’utilizzo delle diverse risorse,
rese disponibili dal WEB 2.0. Il tutto da analizzare e utilizzare in ambito
didattico innovativo e da sperimentare con e sulla LIM. Si ha così la
possibilità di pensare a questo strumento per ottenere un accesso a una realtà
esterna alla classe in un nuovo scenario di confluenza tra discipline, saperi,
socialità, contesti, risorse e strumenti. Si ha l'opportunità di utilizzare un
ambiente di apprendimento sicuramente più vicino alle modalità comunicative dei
“nativi digitali”, tramite uno studio più partecipato e coinvolgente
(interazione sociale) che permette una maggiore riflessione sui processi e sui
prodotti ottenuti e che mette in luce: legami, collegamenti, nuovi riferimenti
e il tracciamento delle attività e delle esperienze realizzate (memoria
digitale).
L’attività didattica con la
LIM 2.0
L’utilizzo sempre più frequente
delle nuove tecnologie, come la
LIM , creano e favoriscono le condizioni per proporre e
segnalare nuove metodologie didattiche che permettono di affrontare i saperi
con “linguaggi“, strategie, molteplici applicazioni sempre più efficaci,
motivanti e vicine ai nostri allievi. E’ possibile allora cercare di indicare,
a nostro avviso, alcune aree di maggiore interesse per l’utilizzo didattico
della LIM 2.0 come: il Digital-Storytelling, il Cloud
Computing, gli organizzatori grafici, la Realtà aumentata[12],
il Codice QR[13],
la videoconferenza e le blogoclassi.
La comunicazione on line, secondo Roberto Diodato[14],
non è solamente una semplice trasmissione di informazioni, ma l'utilizzo dei
concetti di gusto, sentimento, genio, intuizione, originalità, creatività, nell’ambito
pervasivo delle merci simboliche, nel marketing, nella moda, nel design. Questo
uso crea una relazione coinvolgente che attiva sensibilità, emozione e
intelligenza, facendo interagire immaginazione, gusto, intuizione e quindi
trasforma la nostra esperienza sensibile e, dunque, estetica.
L'apprendimento formale della
scuola, poiché le neotecnologie digitali possono accentuare e diffondere in
modo irrimediabile i processi di estetizzazione pervasiva, può anche consentire
la nascita e lo sviluppo di forme estetiche resistenti a quei processi, e
quindi dovrebbe porsi il problema dell’urgenza di un’educazione estetica,
poiché questa comporta, oggi più che mai, un recupero del senso etico
dell’esistenza.
Nell'avvincente confronto giornalistico tra Alessandro
Baricco ed Eugenio Scalfari sul tema dei "nuovi barbari", si parla
della rivoluzione epocale, cioè della mutazione della nostra società verso una
nuova civiltà in seguito, principalmente, all'utilizzo dei nuovi media, e si
arriva a distinguere tra "barbari"
e "imbarbariti". I barbari
sarebbero gli innovatori, quelli che senza più vincoli con le tradizioni del
passato e le costrizioni delle ideologie, vanno senza radici e senza peso, e perseguono modelli radicalmente
innovativi. Irrispettosi della tradizione, non sopportano ideologie,
integralismi e concezioni stereotipate considerate come concetti assoluti a cui
fare riferimento.
Tra questi ci "sono
gli iniziatori di ogni nuova epoca che furono
considerati barbari dai loro contemporanei". Alcuni esempi: Diderot e
D'Alambert, Mozart e, tra i contemporanei: Larry Page e Sergey Brin (i due
inventori di Google), Steve Jobs (Apple e la tecnologia touch) Jimmy Wales
(fondatore di Wikipedia).
Mentre gli "imbarbariti"
sarebbero le folle che riempiono i centri
commerciali o il pubblico dei reality show, quelli che vivono nell'ignoranza,
nell'oblio, nella stanchezza e nel narcotico dei consumi.
Viene allora spontaneo pensare quanto risulterebbe problematico,
quando entriamo in classe, dividere i nostri studenti tra le categorie: barbari o imbarbariti, buoni e cattivi. Sono, invece, figure che, per
diventare davvero domani, cittadini-soggetti
devono iniziare ad esserlo oggi nelle classi. Ed è compito della scuola fare in
modo che possano crescere e attrezzarsi per superare le sfide che incontreranno
nella vita.
Per quanto poi riguarda i barbari illustri: Larry Page,
Sergey Brin, Steve Jobs, Mark Zuckerberg, come la mettiamo con i valori
estetici per non parlare di quelli etici.
[1] Docenti formatori ,anche gli autori del testo La Scuola con la LIM , Editrice La Scuola Brescia 2010 – indirizzi
e-mail mm.gabbari@tiscali.it – gagliardi_roberto@tiscali.it – antoniopasquale.gaetano@fastwebnet.it
[2] Gli esempi più comuni sono: gli eblog, i forum, le chat e i sistemi
quali Wikipedi a, YouTube, Facebook, Myspace, Twitter, Gmail, Wordpress,
TripAdvisor ecc.
[4] si veda un esempio di
repository di risorse LIM presso il sito: http://www.irrelombardia.it/Progetti/Progetti-in-ordine-alfabetico/LIM-homepage/repository-regionale
[5] Per ulteriori informazioni vedere il sito:
http://oppiformazione.blogspot.com/2011/12/corso-di-formazione-competenze.html
[6] Per ulteriori informazioni vedere il sito OPPI
(Organizzazione Preparazione Professionale Insegnanti): http://www.oppi.it
[7] Si veda l'articolo di Simona Fiore,
" Connectivism
e Open Education, Per l'istruzione del futuro" http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=1693.
[8] Si veda l'articolo di M.E. Cicognini
PKM, "Cosa vuiol dire essere una
persona istruita nel XXI secolo?" al sito
http://formare.erickson.it/wordpress/it/2010/pkm-personal-knowledge-management-cosa-vuol-dire-essere-una-persona-istruita-nel-xxi-secolo/
[9] George Siemens nel suo libro: “Knowing Knowledge”, sostiene che il supporto teorico del costruttivismo non è
più adatto a 'comprendere' le moderne modalità di apprendimento in rete. E'
dunque utile sostituirlo con un'altra parola: connettivismo. Il presupposto del connettivismo è che la rete
stessa diventa apprendimento, cioè bisogna pensare all'apprendimento come ad un
concetto che riguarda più il campo della socialità che non le nostre conoscenze
personali. Secondo Siemens, quello che conta non è tanto apprendere
all'infinito seguendo gli stimoli che oggi ci arrivano da tutte le parti,
quanto piuttosto conta la capacità di restare connessi, di far parte della rete
e di gruppi di persone che condividono i nostri stessi interessi. Questa
appartenenza implica che se mettiamo a disposizione degli altri ciò che
sappiamo e gli altri membri della rete fanno altrettanto allora il nostro
bagaglio di conoscenze può espandersi all'infinito. Anche S. Downes condivide
in modo più radicale l’analisi di G.Siemens “il Connettivismo è la tesi che la conoscenza è
distribuita attraverso una rete di collegamenti, e quindi che l'apprendimento
consiste nella capacità di costruire e attraversare tali reti. “La
conoscenza, quindi, non è acquisita , come se fosse una cosa. Non si trasmette , come se fosse un qualche tipo di
comunicazione. Ciò che apprendiamo, quello che sappiamo - sono
letteralmente le connessioni tra i neuroni che si formano come risultato di
un'esperienza”. In
sintesi, il Connettivismo assume che la conoscenza sia distribuita su reti di
connessioni formate dalle azioni e dalle esperienze e che l’apprendimento
consista nella capacità di costruire e percorrere reti del genere. Condivide
con altre teorie, quali il costruttivismo o l’active learning, la negazione
della conoscenza come di un’entità oggettiva di cui si possa entrare in
possesso e che si possa acquisire per trasferimento. http://www.downes.ca/post/54540
[10] Pløn Verhagen ha sostenuto che il
Connettivismo non è una teoria dell'apprendimento, ma piuttosto una “visione
pedagogica.” Verhagen afferma che le teorie dell'apprendimento dovrebbero
trattare del livello educativo (come si impara), invece il Connettivismo si
rivolge al livello curricolare (che cosa si impara e perché si impara).
Bill Kerr, un altro critico del Connettivismo, crede
che, sebbene le tecnologie influenzino gli ambienti di apprendimento, le teorie
attualmente esistenti sono sufficienti per spiegare la riflessione sui modi di
prodursi della conoscenza nell'era digitale. Antonio Calvani, mette in guardia
dai facili entusiasmi, soprattutto quando in queste teorie si cerca di
coinvolgere il mondo della scuola pretendendo che essa si adegui ai nuovi
principi sottovalutando la complessità di operazioni tecniche e cognitive cui
si perviene solo dopo un lungo ed articolato percorso formativo, percorso basato
anche sull'apporto della cultura tradizionale. " Un trasferimento
selvaggio del Connettivismo alla scuola può indurre a credere che basti mettere
gli allievi in rete per produrre conoscenza, consolidando quel famoso
stereotipo diffuso, secondo cui più tecnologie si usano, in qualunque modo lo
si faccia, e meglio è per l'apprendimento." Il
saggio termina sottolineando il fatto che i nostri giovani, "tanto più se
cresciuti esclusivamente nella cultura digitale", non possiedono il
corredo concettuale e le abilità metacognitive necessarie ad operare
consapevolmente e virtuosamente sulla rete, e che è proprio a colmare queste
carenze che la scuola dovrebbe impegnarsi.
[11] Si veda l'articolo di Nicolò A. Piave, Educare all'apprendimento informale online:
la scuola 2.0 fra paradosso e opportunità, sul sito:
http://www.wbt.it/index.php?pagina=669
[12] Per approfondimenti si veda il sito:
http://it.wikipedia.org/wiki/Realt%C3%A0_aumentata
[13] Per approfondimenti si veda il sito
http://it.wikipedia.org/wiki/Codice_QR
[14] Roberto Diodato insegna Estetica all’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano e al Bachelor di Filosofia applicata della
Facoltà di Teologia di Lugano. Ha pubblicato , Estetica del virtuale,
Mondadori, 2005, Milano ed Etica ed Estetica dei new media.
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